Lungamente considerato un mangiare da villani, rustico e privo di ogni raffinatezza, il formaggio sta finalmente prendendosi il posto che gli spetta sulla tavola e nella considerazione di consumatori e buongustai. Sono sempre più numerosi i cultori dediti alla ricerca e alla degustazione delle prelibatezze locali di cui il nostro territorio è ricco: veri tesori di una sapienza artigianale maturata in secolari culture del lavoro, risultato delle pratiche dell'uomo e degli umori della terra in cui è radicato. La provincia di Brescia, grazie al vero e proprio fiume di latte di alta qualità che esce dalle sue stalle (ben il 10% di quello prodotto in tutta Italia), è tra le maggiori produttrici di formaggio. A fare i grandi numeri sono indubbiamente le lavorazioni industriali di Grana Padano – quasi un'icona dell'arte casearia –, provolone, quartirolo, taleggio e gorgonzola. Ma si assiste in questi anni a una crescente voglia di ”tipici” della tradizione casearia d'alpeggio, perle nascoste delle nostre montagne di cui il bagoss, vera leggenda dei prati alti della Valsabbia, è il più illustre rappresentante. Così, ecco tornare nelle valli antiche produzioni di qualità, rigorosamente a latte crudo, che rischiavano di scomparire: in Valcamonica il silter, il casolèt, lo staèl, il raro fatulì; in Valtrompia il nostrano Valtrompia, e sull'Alto Garda il pregiato Tombea. E poiché il formaggio è un po' l'ambasciatore del territorio da cui proviene, il piacere del suo consumo risulta moltiplicato quando se ne conosce direttamente il luogo di produzione, i prati e i paesaggi, magari lo stesso casaro/malghese e le mucche (o le capre) che hanno gentilmente fornito il latte. È così che le gioie della gola diventano pretesto per una rigenerante escursione tra i boschi e gli alpeggi di casa nostra: lo ”speciale” di AB ne suggerisce otto. Per la normale spesa, viene comunque fornita un'ampia mappa degli indirizzi dove procurarsi il meglio.
